Volti, ma anche luoghi, apparentemente semplici, quotidiani, una pittura mai uguale e mai banale che parla ossessivamente della realtà e che interroga, quasi filosoficamente, i limiti del mondo visibile. Non quello nevrotico dei tempi moderni, di informazioni che ci sovrastano che deformano costantemente la nostra quotidianità. Piuttosto, la ricerca di Tonia Erbino si insinua oltre l’apparenza delle cose che avviene nelle pieghe più intime della nostra vita privata, nelle sue botole più oscure della più intima realtà.
E’ una ricerca che negli ultimi anni si è orienta verso una dimensione filosofica della vita. Nei quadri a mostrarsi, in quei volti e in quei luoghi che egli ritrae non saranno tanto le mere presenze della vita ma piuttosto la sua più intima immanenza. Una pittura, che ruota tutt’intorno ad un’unico grande punto fondamentale di domanda: come mai l’uomo oggi ha di fatto smesso di vivere il reale? Il suo un chiodo fisso, quella di Tonia Erbino una vera ossessione, il richiamo forte al cavalletto nel suo piccolo studio, al confine con la porta della sua casa. Una pittura, tanto lenta quanto lunga preservando antiche tavolozze di colore che sondano costantemente la sfera del reale, il mistero delle cose quotidiane.
I suoi quadri, dominati invece da impulsi ed emozioni forti, che siano soggetti, interni di stanze o caverne. Catturano squarci di luce, la vista, il respiro dei corpi, ed ancora il battito della vita. E’ l’idea di una pittura come possibilità di trovare, nella più estrema naturalezza dei soggetti la forza di frantumare ancora una volta la nostra percezione ordinaria e banale del mondo moderno. Il silenzio è una condizione basica del processo creativo di Tonia Erbino. Gli si affianca un altro elemento nella sua pittura: un senso di profonda solitudine che si getta con forza nel carattere delle figure che ritrae. Nei grumi di una pittura densa, risolta con poche ed essenziali pennellate di colore.
Ma… al di là del colore, la vera ricerca dell’artista resta di natura psicologica o per meglio dire una ricerca che appare a tratti esistenziale. E’ tutto un cercare l’invisibile agli occhi, di ciò che Erbino ha in qualche modo visto, vissuto, già conosciuto nell’attraversare le sue figure i luoghi. Ogni tela porta nel suo perimetro il peso di ieri e gli enigmi del futuro in quella stratificazione invisibile della memoria. Uomini o donne, che fissano lo spettatore, sospesi nel nulla, non identificabili, che guardano in lontananza, o verso il nulla, che vivono, o meglio, che non potrebbero esistere fuori dal perimetro della sua opera.
Non tanto l’essere nella solitudine attrae Erbino, piuttosto un’idea di solitudine senza la quale sarebbe davvero difficile ridare senso alla vita. Sono scene costruite intorno a quella vita reale che tanto oggi, agli occhi del mondo, appare come un abisso impraticabile.Eppure, Tonia Erbino dipinge il quotidiano.
E’ quello che, più in generale accade nel miracolo dell’arte, saper calare lo scandaglio nelle profondità della vita In quei volti e in quei luoghi, quelli di Erbino che diventano immagini senza tempo. Eterne presenze. Silenziose, negli impasti della sua pittura, che poi è anche la sua vita.
michelangelo giovinale